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ATLAS #5 Oltre Greta: gli effetti del Climate Change in Africa

22.10.2019

Nel Focus di ATLAS di questa settimana parliamo di:

Oltre Greta: gli effetti del Climate Change in Africa

Gli altri approfondimenti sui fatti di politica internazionale:

GOLFO: la visita di Putin consolida nuovi equilibri regionali

TUNISIA: elezioni presidenziali, netta affermazione dell’indipendente Saied

SIRIA: l’accordo tra curdi e Assad è un assist per la Russia

GOLFO: la visita di Putin consolida nuovi equilibri regionali

La visita di Putin in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti, avvenuta durante le giornate del 14 e del 15 ottobre, segna un punto di svolta nelle relazioni tra Russia e i due Paesi più ricchi del Golfo.

Durante la visita, il Presidente russo, che non si recava nella regione del Golfo da 12 anni, ha concluso accordi dal valore di 3,3 miliardi di dollari. Si rafforza così la cooperazione già esistente dal 2015 nel settore petrolifero (OPEC+), e vengono instaurate nuove collaborazioni tra le compagnie private russe ed arabe nei settori della ricerca high tech, agricolo, ferroviario e aerospaziale. Una cooperazione, quindi, che, nonostante non si estenda appieno al settore militare, ancora appannaggio quasi esclusivo di Washington, va ben oltre i soli rapporti commerciali tra i Paesi, già in forte crescita dallo scorso anno dopo la visita del Re saudita a Mosca. D’altronde, non è da escludere che in futuro le relazioni russo-saudite e russo-emiratine si concentreranno anche sulla cooperazione militare, nel tentativo russo di rompere la dipendenza delle monarchie del Golfo dagli Stati Uniti.

Infatti, questa visita sembra aver delineato i presupposti di una collaborazione che avrebbe la potenzialità di ridefinire parzialmente gli equilibri nel Medio Oriente allargato inserendosi nel solco del progressivo disimpegno americano dalla regione tuttora in atto. Inevitabilmente, una maggiore centralità della Russia, grazie ai nuovi e più stretti legami con le monarchie del Golfo, tende a mettere in discussione il ruolo degli Stati Uniti nella Penisola. Il disimpegno statunitense ha infatti lasciato al Cremlino uno spazio di manovra più ampio nella regione mediorientale. Regione che, anche alla luce dell’impegno russo in Siria, ritorna ad avere importanza primaria nell’agenda di politica estera russa, permettendo al Presidente di portare le relazioni bilaterali con il Golfo a livelli assolutamente inediti.

TUNISIA: elezioni presidenziali, netta affermazione dell’indipendente Saied

Kais Saied è il nuovo Capo di Stato tunisino. Il professore di Diritto Costituzionale è stato eletto con il 72.71% dei suffragi nel ballottaggio dello scorso 13 ottobre, sconfiggendo nettamente il magnate delle telecomunicazioni Nabil Karoui, fermatosi al 27,29% dei voti.

Saied, candidato indipendente con posizioni conservatrici, ha condotto una campagna elettorale con poche risorse, facendo proprie anche tematiche divisive (di condanna all’omosessualità, a favore della pena di morte, contro l’equiparazione di genere), e proponendo il rafforzamento dei consigli comunali come contraltare il modello centralizzato di governo. In grado di sfruttare la propria estraneità al sistema partitico che governa la Tunisia del 2011, il nuovo Presidente tunisino è stato in grado di mobilitare gli astenuti delle ultime tornate elettorali, raccogliendo quasi un terzo dei consensi da elettori che non avevano votato alle scorse legislative. L’affluenza si è difatti attestata attorno al 55%, in forte crescita rispetto alla prima tornata presidenziale del 15 settembre (45%) e a quella legislativa del 6 ottobre (41%), soprattutto quest’ultima caratterizzata dalla scarsa mobilitazione giovanile (9% nella fascia 18-25 anni).

Saied ha quindi ottenuto un consenso trasversale, plebiscitario tra i giovani e tra le fasce maggiormente istruite (oltre il 90%), trasversale a livello di genere e territoriale. Un segnale ulteriore dello scollamento crescente tra i tunisini e il sistema dei partiti, che sono percepiti come autoreferenziali e incapaci di migliorare le condizioni socio-economiche del Paese.

SIRIA: l’accordo tra curdi e Assad è un assist per la Russia

Nella giornata di domenica 13 ottobre, le forze curde hanno stretto accordi con il governo siriano di Bashar al-Assad perché le supporti nel contrastare l’offensiva turca iniziata pochi giorni prima.

L’accordo è stata una scelta obbligata per le forze curde, che hanno dovuto scegliere tra affrontare da soli l’offensiva turca e, quindi, il loro annientamento, oppure chiedere il supporto delle truppe siriane, ma in cambio di un forte ridimensionamento delle loro richieste di autonomia da Damasco. Una scelta obbligata anche perché ai curdi è venuto ormai a mancare del tutto il supporto delle truppe americane. Infatti, nelle stesse ore Washington ha annunciato il ritiro completo dal nord-est della Siria.

Il ritiro americano e il patto coi curdi consentono alle forze di Assad di riprendere il controllo della porzione orientale del Paese, che era rimasta fuori dall’orbita di Damasco fin dal 2013. Assad quindi è tornato a controllare, almeno formalmente, quasi tutto il territorio siriano.

A beneficiare maggiormente dei nuovi equilibri che si stanno delineando è la Russia. Dopo il ritiro statunitense, che indebolisce anche l’influenza europea in Siria, è Mosca che può assumere il ruolo di principale mediatore nell’ambito della crisi siriana. Ruolo tramite cui il Cremlino diventa, di fatto, referente obbligato per tutti quegli Stati che vogliono avere una qualche voce in capitolo sul futuro assetto della Siria, a partire da quelle potenze del Golfo che per anni avevano appoggiato le opposizioni armate.

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