Elezioni in Giappone: un voto di rottura
Asia & Pacific

Elezioni in Giappone: un voto di rottura

By Elisa Querini
07.22.2025

Il 20 luglio si sono svolte in Giappone le elezioni per la Camera dei Consiglieri, la camera alta della Dieta Nazionale, da cui emerge un chiaro voto di rottura rispetto al passato. Il risultato ha sancito una nuova battuta d’arresto per la coalizione guidata da Shigeru Ishiba, composta dal Partito Liberal Democratico (PLD) e dal partito Kōmeitō, che ha ottenuto solo 47 dei 125 seggi in palio. Con questa tornata elettorale, il Governo si ritrova in minoranza in entrambi i rami del Parlamento, controllando 122 dei 248 seggi della Camera dei Consiglieri, dopo aver già perso la maggioranza assoluta alla Camera dei Rappresentanti durante le elezioni di ottobre, quando la coalizione si era fermata a 215 seggi su 465.

Sul piano politico, il principale partito d’opposizione, il Partito Costituzionale Democratico del Giappone (PCD), ha mantenuto una posizione stabile. Il PCD ha, infatti, ottenuto 22 seggi che, uniti ai 16 non contesi, portano la sua rappresentanza a 38 membri, confermandolo come seconda forza politica del Paese. Emblematici della ricomposizione elettorale in corso in Giappone sono i risultati conseguiti dal Partito Democratico per il Popolo (PDP) e dal partito Sanseitō. Il PDP ha infatti conquistato ben 17 seggi, raggiungendo così una presenza complessiva di 22 rappresentanti. Il Sanseitō, invece, è passato da un unico seggio, conseguito nel 2022, a un totale di 15.

Quest’ultimo partito, in particolar modo, si è distinto per le sue proposte a sfondo populista, proponendo misure a favore di esenzioni fiscali, aumenti della spesa pubblica e una retorica anti-immigrazione. Inoltre, il Sanseitō e il suo leader, Sohei Kamiya, sembrerebbero incitare una svolta nazionalista, contraria alla presenza delle basi statunitensi sul territorio giapponese e favorevole a un rafforzamento del settore della difesa, che include la possibilità di sviluppare un programma nucleare e l’aumento della quota del PIL destinata alla spesa militare.

Si segnala, inoltre, la notevole crescita dell’affluenza alle urne, che ha registrato un aumento del 6,46% rispetto alle ultime elezioni per la Camera Alta, risalenti al 2022, raggiungendo il 58,51%. I dati riflettono una mobilitazione dell’elettorato in controtendenza rispetto al generale declino della partecipazione politica in Giappone, come testimoniato dalle ultime elezioni d’ottobre. Sembra lecito presupporre che gli elettori abbiano approfittato maggiormente dell’early voting system, cioè della possibilità di recarsi alle urne dal 4 luglio. In questo quadro, non si può escludere che l’aumento dell’affluenza sia un segnale di protesta contro l’attuale esecutivo. A tal proposito, si segnala la mobilitazione delle fasce più giovani, solitamente meno attive durante le tornate elettorali, e di una parte della popolazione maschile, che appare particolarmente allineata con le proposte politiche presentate dal Sanseitō e del PDP.

Nell’ultimo anno, il contesto economico interno ed internazionale ha contribuito a indebolire l’esecutivo e la sua presa sull’elettorato. Da un lato Tokyo deve affrontare un quadro macroeconomico piuttosto fragile, con una crescita salariale minima, a fronte di un tasso d’inflazione pari al 3,3% nel mese di giugno. In aggiunta, le previsioni di crescita del PIL sono limitate allo 0,7% su base annua e allo 0,1% nel quarto trimestre del 2025. Dall’altro, i negoziati per raggiungere un accordo commerciale con gli Stati Uniti ristagnano, con la pressione creata dall’imminente entrata in vigore il 1° agosto di dazi pari al 25% sulle esportazioni giapponesi, che colpirebbero settori strategici per l’economia giapponese, come quello dell’automotive. In tale scenario, appare probabile che Ishiba continui a guidare l’esecutivo almeno fino alla conclusione dei negoziati con l’amministrazione Trump, ricercando il sostegno di altri partiti per l’implementazione di nuove misure a livello domestico. A tal fine, non è da escludere una marginale apertura su alcuni fronti, come il tema dei tagli delle tasse, sponsorizzato da vari partiti dell’opposizione. Eventuali concessioni sul fronte fiscale, però, potrebbero implicare nuove emissioni di titoli di Stato, aggravando il già elevato debito pubblico giapponese.

In conclusione, permane l’estrema fragilità dell’esecutivo guidato da Ishiba. In questo quadro, una volta chiusa la partita commerciale, l’esecutivo potrebbe trovarsi esposto a crescenti pressioni, sia da parte del Parlamento sia da correnti interne al PLD. Tuttavia, è lecito presupporre che non si assisterà a cambiamenti di leadership nel breve periodo, data la necessità di negoziare termini commerciali più favorevoli con Washington. Nel medio-lungo periodo, sarà da monitorare, invece, la traiettoria del partito Sanseitō e del PDP, che potrebbero consolidarsi come attori rilevanti all’interno dello scenario politico, catalizzando il malcontento sociale, soprattutto nel caso in cui la situazione economica non dovesse migliorare.