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ATLAS #2 Summit di Malta: l’inizio di un percorso?

09.26.2019

Nell’edizione di Atlas di questa settimana parliamo di:

Algeria: a processo i vertici dell’era Bouteflika
Egitto: proteste in piazza contro al-Sisi

Il focus di questa settimana, a cura del direttore Gabriele Iacovino:

Summit di Malta: l’inizio di un percorso?

ALGERIA: A PROCESSO VERTICI DELL’ERA BOUTEFLIKA

Lunedì 23 settembre è iniziato il processo a Said Bouteflika, fratello dell’ex Presidente algerino, a Mohamed Mediene alias “Toufik” e a Bachir Tartag, entrambi alla guida servizi segreti negli ultimi 30 anni. L’arresto dei 3 risale allo scorso maggio, in seguito alle dimissioni di Abdelaziz Bouteflika avvenute sull’onda di imponenti proteste di piazza iniziate a febbraio che criticavano tutta la classe dirigente algerina. Sono accusati di complotto contro lo Stato ed i vertici militari.

È un processo dall’alto valore simbolico, perché coinvolge alcuni dei principali attori della vita politica e delle Forze Armate del Paese e quindi la sua stessa struttura di potere. Forze Armate, il partito del Fronte di Liberazione Nazionale, di cui i Bouteflika erano la più recente espressione, e i servizi segreti, sono alla base di quel sistema di potere, il pouvoir, su cui si regge il Paese dall’indipendenza.

Il processo arriva in un momento delicato della fase di transizione, che è guidata ufficiosamente dal Capo di Stato Maggiore, il Generale Ahmed Gaid Salah. La domanda di un nuovo corso da parte dei cittadini si scontra quindi con la volontà di auto-conservazione di Salah, che sembra intenzionato a riconsegnare il governo ai civili  a seguito di un passaggio di poteri cosmetico. Mentre i manifestanti chiedono un ricambio completo della classe dirigente prima di andare a nuove elezioni, Salah vede proprio nelle elezioni presidenziali, fissate per il prossimo 12 dicembre, un modo per preservare la sua egemonia sugli equilibri del pouvoir.

In questo contesto, il processo appena iniziato può essere letto sia come un tentativo funzionale a placare le pressioni della piazza, sia come un messaggio di forza verso tutti i possibili oppositori interni al pouvoir.

EGITTO: PROTESTE IN PIAZZA CONTRO AL-SISI

Venerdì 20 settembre, le maggiori città egiziane sono state animate da numerose proteste di piazza. A sorpresa, i manifestanti hanno chiesto esplicitamente la destituzione del Presidente al-Sisi, al governo dal 2014. Infatti, in questi 5 anni, al-Sisi ha gestito l’ordine pubblico con leggi sempre più dure e ricorrendo spesso agli apparati di sicurezza. Gli attivisti politici e molta parte della società civile hanno quindi trovato meno spazi di espressione del dissenso.

Queste ultime manifestazioni sono state innescate da una serie di video online, poi diventati virali, dell’impresario edile e attore 45enne Mohamed Ali, in esilio autoimposto a Barcellona. In una diretta Facebook, Ali ha denunciato gli sperperi di al-Sisi, accusandolo di aver usato milioni di dollari presi dai fondi pubblici per la costruzione di ville presidenziali e hotel di lusso.

Lo stesso Presidente, in una conferenza, non ha negato le accuse ma, anzi, ha contrattaccato dichiarando che tutti i progetti citati da Ali sono stati realizzati per la grandezza dell’Egitto, e non per suo personale diletto. Il programma presidenziale di ricostruzione e ammodernamento della nazione, finanziato attraverso un innalzamento delle tasse, è iniziato nel 2015 con l’allargamento del canale di Suez e il piano per la costruzione di una nuova capitale amministrativa. Progetti che però sono percepiti da una fetta crescente della popolazione come distanti dalle reali necessità del popolo, in un Paese in cui circa un terzo della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Anche se non sono state particolarmente partecipate, queste proteste sono un importante campanello d’allarme per la pace sociale dell’Egitto. Con il suo linguaggio semplice e diretto, Mohamed Alì è riuscito a comunicare con i giovani e le classi lavoratrici egiziane, spingendoli a esporsi in prima persona in piazza nonostante il prevedibile uso della forza pubblica da parte delle autorità. Soprattutto, gli slogan usati hanno criticato direttamente al-Sisi, invece di limitarsi a denunciare in modo più vago la classe politica o la burocrazia statale, come avvenuto in altre occasioni. Un segnale, questo, che la frustrazione di molti strati della popolazione è più forte di quanto normalmente non appaia, un fatto che potrebbe innescare proteste su scala più vasta in futuro e mettere in difficoltà il governo al-Sisi.

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