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ATLAS #3 70 anni di repubblica popolare: la Cina in chiaroscuro

10.03.2019

Nell’edizione di Atlas di questa settimana parliamo di:

AFGHANISTAN: l’affluenza alle elezioni in calo

IRAQ: Cacciato l’eroe della lotta contro lo Stato Islamico

SOMALIA: doppio attentato di al-Shabaab

Il focus di questa settimana, a cura di Francesca Manenti, Responsabile Desk Asia e Pacifico:

70 anni di repubblica popolare: la Cina in chiaroscuro

AFGHANISTAN: l’affluenza alle elezioni in calo

Sabato 28 settembre i cittadini afghani si sono recati alle urne per eleggere il nuovo Capo di Stato. Secondo le prime rilevazioni si  dovrebbe assistere ad una nuova sfida tra i due leader dell’attuale governo di unità nazionale, il Capo di Stato uscente, Ashraf Ghani ed il Capo dell’Esecutivo, Abdullah Abdullah. In attesa dei risultati ufficiali, previsti per il 7 novembre, il dato più significativo fino ad ora emerso è quello riguardante l’affluenza, che si sarebbe attestata al di sotto del 20%, in netto calo rispetto alle ultime presidenziali del 2014.

Un’affluenza così bassa sembra essere sintomo della disaffezione dei cittadini verso le istituzioni democratiche, paralizzate in questi anni dalla rivalità tra Ghani ed Abdullah, ed incapaci di fornire risposte adeguate alle esigenze della popolazione.

A pesare sulla partecipazione dei cittadini al voto, inoltre, ha sicuramente contribuito la minaccia di possibili attentati organizzati dall’insorgenza talebana, che negli ultimi diciotto anni hanno sempre colpito i seggi per dissuadere i cittadini dal prendere parte ad un processo di democratizzazione considerato dal gruppo espressione dell’influenza straniera nel Paese. Tuttavia, le violenze ai seggi sono state più circoscritte rispetto a quanto accaduto in passato. Ciò potrebbe rispondere all’interesse del gruppo a non alienarsi il possibile favore della  popolazione, in un momento in cui  i talebani stanno cercando di tornare ad essere un interlocutore politico in Afghanistan e di ritagliarsi uno spazio di azione che li porti ad essere da principale attore dell’insorgenza interna a parte integrante delle istituzioni nazionali.

IRAQ: Cacciato l’eroe della lotta contro lo Stato Islamico

Lo scorso 27 settembre, il Primo Ministro iracheno Abdul-Mahdi ha rimosso il Generale al-Saadi, uno dei più importanti comandanti del CTS, le Forze di Contro-terrorismo dell’Iraq.

Il CTS è di gran lunga la migliore unità irachena per il contrasto della minaccia terroristica. È stato creato dagli Stati Uniti nel 2007. Da allora l’unità viene addestrata e in parte finanziata da Washington, che ne ha fatto il suo miglior partner sul campo per il contrasto allo Stato Islamico negli ultimi anni.

Al-Saadi è stato il perno della lotta contro Daesh fin dal 2014. Il comandante ha guidato il CTS in tutte le offensive contro lo Stato Islamico, dalla battaglia di Tikrit a quella di Falluja, fino alla liberazione della città di Mosul dagli jihadisti nel 2017, in seguito alla quale Daesh è stato dichiarato sconfitto in Iraq. Di conseguenza, il Generale 56enne viene considerato un eroe nazionale. Proprio per questo motivo, la decisione del Premier ha provocato lo sdegno della popolazione irachena, che ha lanciato l’hashtag “Siamo tutti al-Saadi”.

Anche se il Primo Ministro non ha dato alcuna spiegazione, la mossa può trovare due spiegazioni. La prima, una vendetta tutta interna agli ambienti militari iracheni. Infatti, al-Saadi era soprannominato “l’Incorruttibile” e da anni denunciava la corruzione e il malaffare dilaganti all’interno delle Forze Armate. La seconda spiegazione invece è legata all’influenza iraniana nel Paese. Le milizie sciite e i partiti al governo filo-Teheran potrebbero aver fatto pressioni per sostituirlo con una figura più vicina alle loro posizioni. D’altronde, al-Saadi era ritenuto piuttosto vicino a Washington. Se così fosse, la cacciata del Generale potrebbe portare anche il CTS più vicino all’orbita di Teheran, aumentandone l’influenza sulle istituzioni e gli apparati di sicurezza iracheni.

SOMALIA: doppio attentato di al-Shabaab

Il 30 settembre il gruppo terroristico al-Shabaab ha rivendicato due attentati contro obbiettivi stranieri sul territorio somalo. Il primo attacco è avvenuto alle porte dell’aeroporto internazionale di Mogadiscio e ha coinvolto un convoglio della missione europea EUTM Somalia diretto al Ministero della Difesa. Il contingente europeo, formato prevalentemente da militari italiani è stato colpito dall’esplosione di un ordigno che, fortunatamente, non ha causato vittime.

Il secondo attacco è stato rivolto contro la base americana di Baledogle, a circa 150 km a ovest di Mogadiscio. Due pick-up sono stati fatti esplodere all’ingresso della base, nel tentativo di aprire una breccia e permettere ad un commando di terroristi di penetrare al suo interno. Tuttavia, gli assalitori sono stati respinti e non si sono registrate vittime.

Gli attacchi dimostrano come al-Shabaab, movimento jihadista attivo dal 2006 in tutto il Corno d’Africa, continui ad essere una minaccia concreta alla sicurezza e al complicato processo di stabilizzazione della Somalia. Solitamente, il gruppo jihadista predilige colpire obbiettivi meno protetti, come l’inerme popolazione civile, la male armate truppe somale e i militari della missione africana AMISOM. Un attacco contro contingenti stranieri come quello europeo e statunitense hanno l’obbiettivo primario di dimostrare alla popolazione locale la forza di al-Shabaab nel tentativo di attirare sempre nuovi adepti. Inoltre, lo scopo del movimento jihadista è quello di rispondere all’impegno straniero nella lotta al terrorismo, minacciando l’integrità delle truppe presenti in Somalia, e di destabilizzare il già fragile governo di Mogadiscio.

In un Paese dilaniato dalla guerra civile dal 1991 e afflitto da gravissimi problemi umanitari, al-Shabaab è stato in grado di speculare sulla disperazione sociale e sulle carenze istituzionali per imporsi come forza legittima sul territorio.

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